Si può fare ricorso contro la cartella di pagamento?
Il contribuente può sempre far ricorso contro la cartella di pagamento. Il termine è di:
- 60 giorni nella generalità delle imposte: il ricorso va presentato alla Commissione Tributaria Provinciale. Per debiti fino a 50mila euro bisogna prima procedere a notificare il ricorso all’Ente titolare del credito chiedendo la cosiddetta mediazione tributaria ossia offrendogli la possibilità di sgravare l’atto e di evitare il contenzioso;
- 30 giorni se la cartella ha ad oggetto una contravvenzione per violazione del codice della strada: in tal caso il ricorso va presentato al giudice di pace;
- 40 giorni se la cartella ha ad oggetto contributi previdenziali dovuti all’Inps o all’Inail. In tal caso il ricorso va presentato al tribunale ordinario, sezione lavoro.
Attenzione: il ricorso contro la cartella non può avere ad oggetto contestazioni contro l’imposta, il calcolo della stessa, l’esistenza o la titolarità del debito; queste eccezioni infatti andavano sollevate contro l’avviso di accertamento. Si può contestare la cartella per “vizi propri” ossia difetti di formazione della cartella stessa o per prescrizione o avvenuto pagamento o compilazione in modo non corretto.
Dunque:
- se la cartella di pagamento deriva da accertamento o altro atto impositivo, non è possibile censurare il merito della pretesa (salvo, naturalmente, si eccepisca la mancata notifica dell’atto “presupposto”, fatto che, in automatico, cagiona la nullità della cartella di pagamento);
- se la cartella di pagamento rappresenta il primo atto notificato al contribuente (ad esempio, se deriva da liquidazione automatica della dichiarazione), egli può difendersi sindacando la debenza del tributo.
Ciò nonostante esistono numerosi motivi per fare ricorso contro la cartella di pagamento.
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Cartella di pagamento