Lo stalking, alcune osservazioni “de iure condendo”
LA VICENDA GIUDIZIARIA
La sentenza in commento1, (leggibile integralmente in Diritto & Giustzia del 31 maggio 2007) si occupa di un problema a tutt’oggi particolarmente diffuso, concernente l’ipotesi di reato di “molestia o disturbo alle persone” rubricata all’articolo 660 Cp. La Suprema corte, in linea con le più recenti pronunce, ha condannato Caterina O. dipendente dell’Assessorato della Pubblica Istruzione della Regione Calabria al pagamento di una multa pari a € 2.550, oltre che di una somma pari € 12.500 in favore di Rosa C., a titolo di risarcimento per averla molestata con insistenti telefonate mute e con atteggiamenti di tipo persecutorio.
IL FENOMENO DELLO “STALKING”
Il termine stalking in lingua italiana può essere tradotto “fare la posta”, e configura una serie di comportamenti – molestie, minacce, telefonate, pedinamenti – che un soggetto compie ripetutamente nei confronti di una “vittima” infastidita da tali atteggiamenti non graditi.
Il fenomeno dello stalking fu oggetto approfondito di studio da parte di sociologi, medici legali, e psichiatri all’inizio degli anni ’80 in seguito ad episodi che interessarono personaggi dello spettacolo in particolar modo negli Stati Uniti.
Uno dei primi casi, risale, invero, al 1982, in cui l’attrice Theresa Saldana venne pugnalata dal suo stalker a Los Angeles. A questo episodio ne seguirono altri, tanto che in California nel 1991 venne emanata la prima legge Antistalking.
La giurisprudenza americana sulla scorta di tali episodi nel 1992 deliberò che la massima Autorità giudiziaria della Federazione “l’Attorney General” attraverso il National Istitute of Giustice, conducesse ricerche sul fenomeno e sviluppasse un modello legislativo anti-stalking costituzionale applicabile nelle singole legislazioni degli stati membri
Sembra allora interessante delineare quali siano i caratteri qualificanti dello stalking atti a distinguerlo dalla mera molestia. A tutt’oggi, non abbiamo un profilo definito di stalker.
Quelle che possono essere considerate caratteristiche comuni, o, quanto meno, frequenti sono: si ha un attore detto stalker che individua una vittima nei cui confronti sviluppa un’intensa polarizzazione ideo-affettiva e alla quale impone una serie ripetuta di comportamenti aventi gli elementi della sorveglianza, comunicazione e ricerca del contatto.
Ciò posto si osserva che il profilo psicologico dello stalker ha diversi punti in comune con quello del soggetto affetto da dipendenza affettiva. Si è in presenza, il più delle volte, di una personalità debole che, per la paura di essere abbandonato, si lega ossessivamente a qualcuno.
È opportuno osservare pertanto che la sola irrogazione della sanzione penale si manifesta non sufficiente se non accompagnata da trattamenti medico-psicologici.
A ben vedere infatti lo stalker è vittima egli stesso della persecuzione ossessiva che pone in essere nei confronti del predestinato/a che percepisce come sgraditi e intrusivi tali comportamenti e li avverte con paura e come minacce.
Orbene le conseguenze dello stalking per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati di ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flashback e veri e propri quadri di Disturbo Post Traumatico da stress.
Va da se che per una vittima di stalking le molestie assillanti sono parte di un incubo esasperante, che per quanto possa essere breve il periodo in cui viene perseguitata, rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite.
Quanto sin ora affermato rende perfettamente l’idea dell’importanza dell’allarme sociale che il fenomeno può produrre.
Ma la molteplicità dei comportamenti che lo stalker pone in essere, causa non poche difficoltà nel definire, sotto il profilo giuridico, i confini esatti della fattispecie “criminosa”.
L’INTERVENTO DELLA GIURISPRUDENZA IN ORDINE AL REATO-CONTRAVVENZIONALE EX ARTICOLO 660 CP
In Italia, la norma che più si avvicina alla legislazione americana è quella prevista dall’articolo 660 Cp che dispone “[…] Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 Euro […]”.
In armonia tuttavia con la cultura penalistica italiana, la molestia assillante non si ascrive all’interno di questo reato, ma si manifesta al massimo come semplice contravvenzione fino a comprovato atto della molestia stessa.
Si tratta infatti di una contravvenzione, di basso profilo edittale, formulata in modo ambiguo e sicuramente datata ed incapace di offrire adeguata tutela contro le condotte moleste.
L’articolo 660 Cp è atto a punire dunque quei comportamenti astrattamente idonei a procurare nella persona direttamente offesa molestia.
Requisiti ulteriori come la lettera della legge suggerisce, sono la petulanza ed il biasimevole motivo.
Ed in particolare ai fini della configurazione di cui al reato in parola costituisce petulanza ogni atteggiamento di insistenza eccessiva e perciò fastidiosa, di invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell’altrui sfera2.
Sull’articolo 660 Cp si potrebbero poi fare altri rilievi, come per esempio che si tratta, inspiegabilmente, di un reato contro l’ordine pubblico oppure sulla formulazione ambigua della norma che provoca divisioni nella sua interpretazione da parte della dottrina e nella giurisprudenza.
Va osservato tuttavia che il reato di molestia di cui all’articolo 660 Cp non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia3.
Sotto il profilo soggettivo il reato in commento richiede la volontà della condotta e la direzione del volere verso il fine specifico di interferire inopportunamente nell’altrui sfera di libertà4.
Si aggiunga però come affermato dalla costante giurisprudenza che in presenza di una condotta oggettivamente caratterizzata dalla petulanza, che interferisce sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone, è sufficiente ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 660 Cp. la coscienza e la volontà di tale condotta, nulla rilevando i motivi dai quali il soggetto sia stato spinto ad agire non avendo questi ultimi proprio in quanto motivi incidenza alcuna sulla finalità penalmente rilevante dell’azione, in relazione alla quale si configura il dolo5. Ed invero tale ricostruzione è stata accolta anche dalla sentenza che qui si commenta che afferma “il mancato accertamento della causale, non incide sull’obiettività e sull’imputabilità soggettiva delle condotte”.
Detto ciò va effettuata un ulteriore precisazione. Orbene nella generica dizione di cui all’articolo 660 Cp “con il mezzo del telefono” sono compresi anche la molestia e il disturbo recati con altri analoghi mezzi di comunicazione a distanza come il citofono6.
Ed invero si legge nella sentenza in commento7 che la parte offesa è stata in talune occasioni seguita in strada oltre al fatto che l’imputata aveva anche suonato il campanello della sua abitazione. Alcun dubbio è dunque ragionevolmente eccepibile a mio avviso alle argomentazioni esaustive prodotte in sentenza. A ben vedere la Suprema corte ha inteso tutelare la tranquillità della vita del soggetto per l’inicdenza che il suo turbamento ha su l’ordine pubblico.
IL DANNO ESISTENZIALE E LO STALKING
Sulla base delle considerazioni precedentemente esposte si può affermare che la condotta dell’agente, insistente e petulante, turba in modo apprezzabile le normali condizioni nelle quali si svolge la vita della persona molestata.
Elementi fondamentali ai fini della configurazione della fattispecie criminosa prevista dall’articolo 660 Cp. sono il disagio, la preoccupazione ed il timore della vittima suscitato dalle condotte di stalking.
L’effetto che lo stalking produce nella vittima può dunque degenerare in vera e propria patologia accertabile in sede medico-legale. Tuttavia non è sufficiente una semplice certificazione medica ma occorre una consulenza tecnica che appuri la sussistenza e la gravità della lesione psicofisica lamentata dalla vittima per le molestie subite.
Orbene la figura del danno esistenziale si basa sulla natura oggettivamente accertabile del pregiudizio esistenziale. Ed invero i riflessi esistenziali della persecuzione posta in essere dallo stalker sono evidenti. La vittima è continuamente sotto sorveglianza e vive in uno stato di perenne vigilanza. È stato dunque sostenuto dalla dottrina più avveduta che si è in presenza di un danno esistenziale quando, a causa delle continue molestie si verifica una modificazione peggiorativa della sfera personale della vittima. In particolare la tutela del danno esistenziale va inquadrata nell’articolo 2 Costituzione che tutela i diritti fondamentali dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Non appare necessario pertanto dimostrare il reato ma il mero illecito civile. Ed ai fini risarcitori dovrà essere presa in considerazione l’incidenza negativa dei ripetuti comportamenti illeciti dello stalker sui ritmi di vita della vittima.
LA REGOLAMENTAZIONE MULTIDISCIPLINARE INTERNAZIONALE DEL FENOMENO DI STALKING E LA PROPOSTA DI LEGGE IN ITALIA N. 2169
I paesi di common law da tempo sono intervenuti a regolamentare il fenomeno di stalking. Ed invero sono previste norme che lo definiscono e prevedono ipotesi meno gravi alle quali riconducono pene non eccessivamente elevate. L’individuo qualora si senta vittima di stalking può richiedere l’intervento dell’Autorità che emana un “restraining order” atto con il quale viene diffidato lo stalker a proseguire nelle molestie persecutorie. Qualora tale ordine non venga rispettato, viene applicata un aggravante del reato. Le sanzioni penali vengono così affiancate da sanzioni interdittive o civili o da trattamenti medico-psicologici.
Si ritiene invece che le norme attualmente in vigore in Italia non siano in grado di contrastare un fenomeno così grave e rischioso. A tal fine è stata presentata una proposta di legge alla Camera dei deputati l’8 novembre 2006 n. 1901 (approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 22 dicembre 2006) recante “Misure di sensibilizzazione e prevenzione nonchè repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazioni”.
In particolare l’articolo 13 del Ddl introduce una nuova forma di reato – “Atti persecutori”, articolo 612bis Cp.- procedibile a querela e che consente l’adozione di misure coercitive a carico del persecutore (fino a 4 anni di reclusione) e quindi la possibilità di prevedere un piano concreto di protezione della vittima.
Ed ancora l’articolo 16 dispone una nuova misura cautelare – il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ex articolo 282ter Cpp che offre un ulteriore strumento efficace per interrompere quei reati come gli “atti persecutori”, che disturbano in maniera sintomatica le normali condizioni di vita delle vittime.
Tutto ciò consente, a mio avviso, di affermare , senza alcun dubbio che lo stalking costituisce un fenomeno sempre più dilagante, estremamente complesso che merita attenzione ed approfondimento in diverse discipline al fine di individuare norme severe che abbiano, quanto meno, la possibilità di garantire la prevenzione del fenomeno.
1 Cass. pen. sez. I, 30 maggio 2007, n. 21273, in Diritto & Giustizia 31 maggio 2007.
2 Cfr. Cass. pen. sez. I 1 luglio 2004, n. 28680 in La Tribuna, Rivista Penale, 2005, 10, pg. 1125.
3 Cfr. Cass. pen. sez. I, 19 maggio 2004, n. 23521 in Cass. pen. 2005, 10 2988.
4 Cass. pen. sez. I, 23 aprile 2004 n. 19071 in Cass. pen. 2006, 5 1817.
5 Cass. pen. sez I, 12 giugno 1998 n. 7051, in Cass. pen. 1999, 1804.
6 Cass. pen. sez. I, 23 aprile 2004 n. 19071, in La Tribuna, Rivista Penale, 2005, 3, pg. 365.
7 Cass. pen. sez. I, 30 maggio 2007, n. 21273, in Diritto & Giustizia 31 maggio 2007.