FAQ: Cartella di pagamento
La cartella di pagamento è un atto che l’Agente della Riscossione invia al contribuente e con cui gli comunica di essere stato delegato, da parte di una pubblica amministrazione, a recuperare l’importo di un’imposta che, evidentemente, il contribuente stesso non ha pagato. Quindi, la cartella esattoriale deve necessariamente indicare:
- il tipo di imposta non pagata (ad esempio: bollo auto, Irpef, Imu, Tasi, ecc.);
- le annualità a cui si riferisce l’omissione di pagamento (ad esempio: bollo auto per l’anno 2018; Irpef per l’anno 2013; ecc.);
- l’ente titolare del credito (ad esempio, per il bollo auto si tratta della Regione, per l’Irpef si tratta dell’Agenzia delle Entrate, per l’Imu e la Tasi si tratta del Comune, ecc.);
- la data di iscrizione a ruolo del tributo: l’iscrizione a ruolo è l’atto con cui la pubblica amministrazione creditrice formalizza il proprio credito in un documento e incarica l’agente della riscossione del relativo recupero;
- l’importo che deve essere pagato, comprensivo di interessi, sanzioni e gli oneri della riscossione (un tempo detti «aggio»), ossia il corrispettivo dovuto all’ente riscossore per la sua attività;
- il nome del contribuente debitore e degli eventuali obbligati in solido;
- le modalità e i termini per fare ricorso contro la cartella stessa.
Quindi possiamo dire che la cartella è come se fosse sia un sollecito di pagamento (l’ultimo), sia una sentenza. In termini giuridici, si dice che la cartella è un atto che contiene in sé la natura dell’atto di precetto (appunto, l’ultimo avvertimento) e del titolo esecutivo.
Raramente succede che la cartella di pagamento non sia preceduta da un previo avviso di accertamento spedito dall’agente della riscossione. Ad esempio, può succedere per la tassa rifiuti oppure nel caso di omesso versamento delle imposte quando, sull’ammontare delle stesse, no vi è contrasto tra contribuente e amministrazione finanziaria.
Chi non paga la cartella esattoriale può subire, prima che la cartella stessa “scada”, l’esecuzione forzata o gli atti di natura cautelare. In particolare può:
- ricevere preavviso di fermo auto: nei 30 giorni successivi può essere iscritto il fermo sull’auto e questa non può più circolare. Ci si può opporre dimostrando che il mezzo serve per l’attività lavorativa di tipo professionale o imprenditoriale;
- ricevere un preavviso di ipoteca: solo se il debito supera 20mila euro. Nei 30 giorni successivi viene iscritta ipoteca per il doppio del valore su un immobile di proprietà del debitore;
- subire il pignoramento dello stipendio: fino a massimo 1/10 se lo stipendio non supera 2.500 euro; fino a massimo 1/7 se lo stipendio non supera 5mila euro; fino a massimo 1/5 se lo stipendio supera 5mila euro;
- subire il pignoramento della pensione secondo le percentuali appena indicate per lo stipendio e comunque detratto sempre il minimo vitale (pari a una volta e mezzo l’assegno sociale: attualmente 679.50 euro);
- subire il pignoramento del conto corrente. Se però in esso vi sono depositati stipendi o pensioni, il pignoramento può avvenire solo perla parte che supera il triplo dell’assegno sociale (453 euro x 3 = 1.359 euro) e per le successive mensilità nei limiti sopra descritti per stipendio e pensione;
- pignorare gli immobili ma solo per debiti fino a 120mila euro e sempre che il valore della sommatoria degli immobili di proprietà del debitore superi 120mila euro. Se però il contribuente è proprietario di una sola casa adibita a civile abitazione, in cui ha la residenza, e accatastata non nelle categorie A/8 e A/9, l’immobile non può mai essere pignoramento.
Fa una pessima scelta chi decide di non ritirare dal postino o all’ufficio postale la cartella di pagamento. Una volta decorsi dieci giorni dal giorno in cui viene spedito l’avviso di giacenza, la cartella si considera conosciuta e, quindi, notificata. Significa che iniziano a decorrere i termini per fare opposizione e, pertanto, può diventare definitiva senza che il contribuente ne sappia nulla. Con la conseguenza che non potrà più opporsi, dovendo così subire il pignoramento.
È possibile domandare la sospensione della cartella di pagamento facendo un ricorso in autotutela all’ente titolare del credito, manifestando i motivi di illegittimità della pretesa esattoriale. Tuttavia queste istanze vengono difficilmente accolte.
La richiesta di sospensione può essere presentata al giudice al quale si è fatto ricorso, dimostrando l’urgenza e la necessità della sospensiva, nonché le proprie buone ragioni. Se, poi, la sentenza è sfavorevole al contribuente, sugli importi sospesi sono però dovuti gli interessi da sospensione nella misura del 4,5% annuo.
Esiste la possibilità di domandare la sospensione della riscossione ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, tramite l’apposita autodichiarazione presente sul relativo sito internet. La richiesta va presentata entro 60 giorni dalla notifica della cartella e sempre che la stessa sia palesemente viziata per essere prescritta, decaduta, per avvenuto pagamento o perché la cartella è stata annullata o sospesa da un giudice o da un’autorità amministrativa. In virtù di questa procedura, se il ruolo è stato interessato, ad esempio, da un pagamento, uno sgravio oppure una sospensione giudiziale, è possibile inoltrare l’autodichiarazione per via telematica, in modo che il tutto venga trasmesso all’ente creditore.
Le modalità di pagamento sono, di norma, indicate nelle “Avvertenze” alla cartella di pagamento stessa, e non pongono particolari problemi interpretativi.
Al ricorrere di certe circostanze, è possibile eseguire il versamento mediante:
- cessione dei beni culturali;
- compensazione volontaria con crediti d’imposta, cosa che avviene, di norma, su proposta dell’Agente della riscossione, quando il contribuente iscritto a ruolo ha presentato domanda di rimborso di tributi indebitamente pagati. Tale procedura è ammessa se il debitore risulta inadempiente per ruoli di importo superiore a 1.500,00 euro;
- compensazione con somme dovute da enti pubblici per crediti certi, liquidi ed esigibili relativi ad amministrazioni, forniture ed appalti;
- compensazione con crediti d’imposta disponibili nel modello “F24 Accise” con codice tributo “RUOL”.
La cartella di pagamento viene di solito spedita a casa del contribuente mediante una raccomandata a/r, consegnata dal postino. Potrebbe arrivare anche con la consegna a mani da parte di un messo notificatore del Comune. Professionisti, lavoratori autonomi titolari di ditte individuali, imprenditori, negozianti e società ricevono invece la cartella esattoriale sulla Pec, la posta elettronica certificata.
Alcuni atti non richiedono la notifica della cartella di pagamento. È il caso dell’avviso di accertamento immediatamente esecutivo notificato dall’Agenzia delle Entrate. In tal caso, l’Agenzia Entrate Riscossione comunica una lettera semplice al contribuente in cui lo informa di aver preso in gestione il recupero del credito e di dar avvio alle procedure esecutive.
Fuori da queste ipotesi, la cartella di pagamento deve essere sempre notificata per dare possibilità al contribuente di pagare “con le buone”. Per cui se dovesse arrivare un pignoramento, un fermo o un’ipoteca senza la previa cartella e i 60 giorni di tempo per pagare, l’azione esecutiva sarebbe illegittima.
La cartella di pagamento deve essere notificata entro termini perentori altrimenti è nulla. Si tratta di due termini.
Termine di decadenza
La decadenza è il termine entro cui notificare la cartella dalla data in cui è stato iscritto a ruolo il tributo non pagato (la data di iscrizione a ruolo è riportata nel dettaglio della cartella). Se la cartella viene notificata dopo questo lasso di tempo può essere impugnata. Questo termine varia da due a quattro anni, a seconda del tributo. Per non allungare troppo questo articolo, ti rinviamo alla lettura della guida dedicata ai Termini di decadenza della cartella di pagamento.
Il termine di decadenza non può mai essere allungato ad esempio con una lettera di sollecito: se non viene rispettato, la cartella è illegittima.
Termine di prescrizione
C’è un secondo termine che la cartella deve rispettare: quello di prescrizione. Ma se la decadenza decorre dalla data di iscrizione a ruolo e non può mai essere allungata, la prescrizione decorre invece da quando la tassa andava pagata e, tuttavia, può essere interrotta con un sollecito di pagamento o un accertamento. Anche la prescrizione varia a seconda del tributo.
Il difetto di sottoscrizione della cartella di pagamento non causa alcuna nullità, almeno secondo la giurisprudenza maggioritaria. Basta quindi il nome e cognome del responsabile del procedimento e di chi l’ha formata.
Il contribuente, nel momento in cui riceve la cartella di pagamento, deve corrispondere gli interessi previsti dalla singola legge d’imposta per il caso di riferimento, i cui tassi sono individuati nel DM 21.5.2009.
Ad esempio, se si tratta di imposte sui redditi, IVA e IRAP, gli interessi dovuti in caso di accertamento o di liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione sono quelli da ritardata iscrizione a ruolo, pari al 4% annuo.
Qualora il contribuente non versi le somme entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, sugli importi iscritti a ruolo (esclusi sanzioni e interessi) sono conteggiati gli interessi di mora, nello iato temporale compreso tra il giorno di notifica della cartella e quello in cui avviene il pagamento.
Modalità di calcolo degli interessi
La cartella di pagamento, in punto interessi, è nulla se non sono riportate le analitiche modalità per il calcolo degli stessi. A questi fini, è stata ritenuta necessaria l’indicazione della data di consegna del ruolo.
La cartella di pagamento, a pena di nullità, deve essere motivata in ragione dei presupposti di diritto e di fatto della pretesa. In concreto, va detto che sono rare le ipotesi in cui il contribuente, davanti al giudice, ottiene la nullità intera della cartella di pagamento per vizio di motivazione.
Invece, se la cartella deriva da dichiarazione, la questione, almeno sulla base dei principi derivanti dalla Cassazione, è diversa. È stato sancito che il contribuente non deve essere costretto all’interpretazione di codici e numerazioni, e che ciò è il normale corollario dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi.
Relativamente al conteggio degli interessi, è necessario che Agenzia delle Entrate-Riscossione indichi i dati analitici secondo le singole annualità.
Come abbiamo detto sopra, la mancata notifica della cartella di pagamento rende di per sé nullo l’atto “successivo”, rappresentato, ad esempio, dalla comunicazione di ipoteca o da un pignoramento.
Può però succedere che il contribuente sia venuto a conoscenza della notifica di una cartella avendo chiesto un estratto di ruolo all’Agente della Riscossione. In tal caso se questi ritiene di non aver mai ricevuto la cartella medesima, può ricorrere contro l’estratto di ruolo entro 60 giorni dalla sua consegna contestando il fatto di non aver mai ricevuto la notifica della cartella medesima.
Una cartella di pagamento conserva la sua qualità di titolo esecutivo per massimo un anno. Dopo di ciò non è più possibile fare un pignoramento. Tuttavia, la situazione può essere sanata con la notifica di una intimazione di pagamento, che è una sorta di sollecito. In tal caso il contribuente deve pagare entro 5 giorni. L’intimazione di pagamento ha efficacia per 180 giorni; dopodiché anch’essa perde la qualità di titolo esecutivo e sarà necessario un ulteriore sollecito.
- cartelle per Iperf, Iva, Irap, canone Rai e camera commercio: 10 anni;
- cartelle per sanzioni, multe, contributi previdenziali Inps e Inail, Imu, Tasi, Tari e tutte le imposte locali: 5 anni;
- bollo auto: 3 anni.
Il contribuente ha 60 giorni di tempo per pagare una cartella esattoriale. In questo termine può anche chiedere una dilazione (cosiddetta rateazione) che, per debiti fino a 50mila euro e fino a 72 rate, non deve neanche essere giustificata da documenti che attestino la difficoltà economica: essa viene concessa a semplice richiesta. Negli altri casi bisognerà dimostrare le difficoltà ad adempiere.
La cartella di pagamento, a pena di nullità, deve contenere l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo nonché di notifica della stessa.
Il contribuente può sempre far ricorso contro la cartella di pagamento. Il termine è di:
- 60 giorni nella generalità delle imposte: il ricorso va presentato alla Commissione Tributaria Provinciale. Per debiti fino a 50mila euro bisogna prima procedere a notificare il ricorso all’Ente titolare del credito chiedendo la cosiddetta mediazione tributaria ossia offrendogli la possibilità di sgravare l’atto e di evitare il contenzioso;
- 30 giorni se la cartella ha ad oggetto una contravvenzione per violazione del codice della strada: in tal caso il ricorso va presentato al giudice di pace;
- 40 giorni se la cartella ha ad oggetto contributi previdenziali dovuti all’Inps o all’Inail. In tal caso il ricorso va presentato al tribunale ordinario, sezione lavoro.
Dunque:
- se la cartella di pagamento deriva da accertamento o altro atto impositivo, non è possibile censurare il merito della pretesa (salvo, naturalmente, si eccepisca la mancata notifica dell’atto “presupposto”, fatto che, in automatico, cagiona la nullità della cartella di pagamento);
- se la cartella di pagamento rappresenta il primo atto notificato al contribuente (ad esempio, se deriva da liquidazione automatica della dichiarazione), egli può difendersi sindacando la debenza del tributo.
Ciò nonostante esistono numerosi motivi per fare ricorso contro la cartella di pagamento.