Impugnabile il diniego di interpello disapplicativo
Il contribuente ha la facoltà e non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis, comma 8, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario (Cass. 23469/2017; Cass. 3775/2018; Cass. 13963/2017; Cass. 5843/2012).
Con questa motivazione la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che adduceva la violazione e falsa interpretazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in quanto, il diniego in sede di interpello di disapplicazione della normativa antielusiva, sarebbe non compreso nell’elenco degli atti impugnabili.
Secondo gli Ermellini il motivo è infondato posto che in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ha natura tassativa ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001.
Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 5465 Anno 2019
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: CRICENTI GIUSEPPE
Data pubblicazione: 25/02/2019
Cass. civ., sez. 6, 25.02.2019, n. 5465