Compensazione dei debiti d’imposta in accollo: per l’Agenzia Entrate, da oggi è sanzionabile
L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risoluzione n.140/E del 15 novembre 2017 nella quale indica gli aspetti dell’estinzione del debito d’imposta nei casi di accollo.
Il documento di prassi pone forti vincoli rispetto alle possibilità consentite in precedenza, e delle quali, in taluni casi, era stato fatto un vero e proprio abuso, arrivando a compensare mediante F24 i debiti accollati con crediti in realtà inesistenti.
L’art.8, comma 1, della Legge n.212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) stabilisce che “L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”; la medesima norma, al comma 2, consente espressamente l’accollo del debito d’imposta altrui, ma senza liberazione del contribuente originario, così ponendo una differenza essenziale rispetto alla correlativa normativa civilistica.
Va ricordato che l’accollo è un istituto disciplinato dal codice civile (articolo 1273 e ss.): è un contratto, stipulato tra il debitore ed un terzo, accollante, il quale assume l’obbligo di estinguere il debito del primo nei confronti del creditore; ma, mentre la disciplina civilistica consente, in tali casi, la liberazione del debitore originario, qualora il creditore, opportunamente interpellato, aderisca all’accordo (c.d. accollo esterno, altrimenti avendo il contratto efficacia obbligatoria tra le sole parti stipulanti), la normativa tributaria esclude, in virtù dell’art.8, comma 2, sopra esposto, la liberazione del debitore in qualsiasi caso.
Quindi, se da un lato l’accollo in ambito tributario è consentito (art.8, comma 1), dall’altro esso non consente mai la liberazione del debitore originario, il quale continuerà a rispondere, unitamente all’accollante, che assume anch’egli la responsabilità del pagamento nei confronti del Fisco; anche se, nei suoi confronti, l’Amministrazione Finanziaria non potrà esercitare i poteri di accertamento e di esazione mediante riscossione coattiva, che rimangono rivolti e destinati esclusivamente al primo debitore, in quanto soggetto passivo dell’obbligazione tributaria.
Ciò premesso a livello generale, nel caso specifico, con la risoluzione qui in esame, l’Agenzia ha preso in considerazione la questione se anche il debito oggetto di accollo possa essere estinto, mediante la compensazione, dall’accollante, ed ha fornito a tale riguardo una risposta nettamente negativa.
In particolare – osserva l’Agenzia delle Entrate, richiamando anche la giurisprudenza formatasi al riguardo – la compensazione opera soltanto per i debiti ed i correlativi crediti afferenti il medesimo soggetto d’imposta, e non, dunque, tra soggetti diversi, come appunto, nel caso in disamina, l’accollatario, che è l’originario debitore, e l’accollante, che intende porre in compensazione, con propri crediti, il debito del primo.
Tuttavia, l’Agenzia correttamente riconosce che nella fattispecie sono ravvisabili le “obiettive condizioni di incertezza” sull’ambito e sulla portata applicativa della disciplina normativa esaminata (da un lato, quella civilistica di cui agli artt. 1273 e ss. cod. civ., e, dall’altro, quella tributaria contenuta nei primi due commi dell’art.8 della Legge n.212/2000) sicché possono essere considerati non punibili, e così non sanzionabili, i comportamenti tenuti – sinora – in difformità dall’orientamento negativo suesposto.
Al riguardo, l’Agenzia chiarisce che la validità dei pagamenti effettuati tramite compensazione è riconosciuta a quelli effettuati “prima della pubblicazione del presente documento di prassi”, ossia sino alla data del 14 novembre 2017, sempre che “siano stati spesi crediti esistenti ed utilizzabili”, dunque rimanendo pienamente sanzionabili tutti i casi di compensazioni avvenute senza tali condizioni).
Di converso, secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia, a partire dal 15 novembre 2017 anche l’accollante, e non più solo l’originario debitore, sarà sanzionabile secondo le regole ordinarie (art. 13 D.Lgs. n.471/97) nella misura del 30% dell’importo di cui è stato omesso il versamento – considerando omesso anche quello effettuato mediante la compensazione, ora non più ammessa, come si è detto – ovvero nella misura dal 100 al 200% qualora i crediti utilizzati per la compensazione siano riconosciuti inesistenti.
E’ importante sottolineare che l’Agenzia delle Entrate ha sentito il bisogno di emanare tali disposizioni, notevolmente restrittive rispetto al passato, per contrastare i fenomeni di abuso della compensazione con utilizzazione di crediti inesistenti, e che il provvedimento da essa emanato si inquadra in una più ampia strategia volta a prevenire tali fenomeni illeciti: infatti, nella bozza di manovra di bilancio per il 2018, attualmente in discussione in Parlamento, è previsto che l’Agenzia possa sospendere, fino a un massimo di 30 giorni, l’esecuzione delle deleghe di pagamento mediante F24 nei casi di compensazioni che “presentano profili di rischio”, così garantendosi la possibilità di effettuare, durante tale periodo, i dovuti controlli.
Infine, occorre rilevare che tutti gli inconvenienti interpretativi ed i problemi applicativi in materia derivano dalla perdurante mancanza di emanazione dei regolamenti di attuazione dello Statuto del Contribuente, e, in particolare, dell’apposito Decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze previsto dall’art. 8, comma 6, dello Statuto del Contribuente: a distanza di quasi 18 anni, esso non è stato ancora emanato, così costringendo gli operatori, ossia i contribuenti ed i loro tributaristi, ma anche la stessa Amministrazione Finanziaria, e la giurisprudenza – che, infatti, è più volte intervenuta in materia, con pronunce anche contrastanti – a dover identificare, di volta in volta, lo spazio applicativo ed i criteri di validità dell’estinzione delle obbligazioni tributarie mediante compensazione.
Il provvedimento ora emanato dall’Agenzia delle Entrate, se, da un lato, correttamente riconosce l’esimente dell’obiettiva situazione di incertezza normativa per tutte le situazioni passate, dall’altro lato è sicuramente destinato ad aggravare le perplessità ed il contenzioso per il futuro, con riferimento a tutti i casi in cui l’accollante intenda operare pagando, in compensazione, un debito del proprio accollatario, ossia effettuando un’operazione prevista dal contratto stipulato tra le parti ma alla quale non viene più riconosciuta alcuna efficacia esterna e tantomeno liberatoria del debito tributario.
E’ il caso di ricordare che il documento analizzato è una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, dunque costituisce un documento di prassi, volto a disciplinare l’attività degli uffici finanziari, e non costituente una disposizione normativa vincolante per i contribuenti; come recentemente sottolineato in un nostro precedente articolo.