Operazioni inesistenti: onere della prova a carico del contribuente

Ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, spetta al contribuente di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate e ritenute dall’Ufficio come inesistenti.

In base a tale principio, desumibile, da ultimo, dalle sentenze della Suprema Corte n. 11873 del 15 maggio 2018 e n. 17619 del 5 luglio 2018, la CTR di Napoli ha respinto il ricorso in appello di alcune società che avevano impugnato l’avviso di accertamento, emesso per il recupero di IVA su una serie di fatture ritenute dall’Agenzia inesistenti. In tema di IVA, infatti, una volta assolta da parte dell’Ufficio la prova dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, ad esempio perché l’emittente è una “cartiera”, è il contribuente a dover provare l’effettività delle operazioni contestate, senza che tale onere possa essere assolto con la mera esibizione delle fatture o in ragione della regolarità formale delle scritture contabili.

Sentenza del 16/11/2018 n. 10094 – Comm. Trib. Reg. per la Campania Sezione/Collegio 1

Testo: 

Con appello registrato al n. 2087/2018 R. G. LA Madeson srl impugnava la sentenza 3001/2017 della CTP di Napoli.Con l’originario ricorso la Madeson srl aveva impugnato l’avviso di accertamento per l’anno 2011, emesso per il recupero di IVA su una serie di fatture ritenute dall’Agenzia soggettivamente inesistenti.Accertamento seguito alla segnalazione dell’Ufficio antifrode della Lombardia all’esito di controlli su una serie di società, tra cui la Bosisio Group srl, la Market srl e la Super Toner, che risultavano avere emesso fatture per operazioni inesistenti, stante l’accertata assenza di personale, di magazzini, il mancato versamento di ogni tipo di imposta, la sostanziale coincidenza dei prezzi di vendita con quelli di acquisto (con un ricarico che non raggiungeva il 1%).Quali motivi di ricorso la società ricorrente indicava la mancanza di motivazione dell’avviso, la esistenza di soli indizi a sostegno del recupero a fronte di quanto indicato dalla stessa Madeson per dimostrare la propria non conoscenza della ipotesi fraudolenta (che si riteneva provata). Veniva poi lamentata l’entità della sanzione, irrogata, per l’anno 2011, con riferimento alle modifiche normative introdotte nel 2015.L’Agenzia si era costituita rilevando la esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti atti ad integrare la presunzione di conoscenza dell’illecito da parte della Madeson.La Commissione di primo grado respingeva il ricorso ritenendo sussistente la condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti in capo alle tre citate società, ed affermando il coinvolgimento della Madeson che non aveva superato la presunzione di conoscenza conseguenza della specifiche modalità operative delle predette.Veniva altresì respinto il motivo relativo all’entità della sanzione, che giudicava più favorevole per il contribuente Avverso tale decisione ha proposto appello la Madeson srl lamentando che in motivazione non fosse stata affrontato il motivo relativo alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, non fosse stata presa in esame la documentazione prodotta a sostegno della tesi della estraneità, non essendo stati indicati gli elementi dai quali ricavare la consapevolezza, da parte della società, di quanto in discussione. Veniva altresì riproposto il motivo relativo all’entità della sanzione.Si costituiva anche nel secondo grado l’Agenzia richiamando la giurisprudenza di legittimità sulle condizioni per ritenere la consapevolezza del beneficiario finale di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, alla luce delle motivazioni contenute nell’impugnato avviso, ed a fronte di una documentazione di controparte limitata alla marginale posizione della Bosisio Group ..All’esito della discussione la Commissione, osserva preliminarmente come in tema di I.V.A., l’art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi del quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare in esse indicato, va interpretato nel senso che, anche in considerazione della rilevanza penale di tale condotta, il corrispondente tributo viene considerato “fuori conto” e la relativa obbligazione “isolata” da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, senza che possa operare il meccanismo di compensazione, tra I.V.A. “a valle” ed I.V.A. “a monte”, che presiede alla detrazione d’imposta di cui all’art. 19 del d.P.R. citato, il cui diritto è subordinato, quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa, oltre che alla qualità d’imprenditore dell’acquirente, all’inerenza del bene acquistato all’attività imprenditoriale (Cass 6 lug/io 2018 n. 17774).Su tale premessa va ulteriormente richiamato il consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale in tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (cfr. da ultimo Cass 5 luglio 2018 n. 17619; Cass 15 maggio 2018 n. 11873).A fronte di tali presupposti giuridici va esaminato l’avviso di accertamento in questione e le ragioni poste a fondamento dello stesso. Non vi è dubbio che il primo dato oggettivo, ovvero quella emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte della società Bosisio Group srl, sia ampiamente indicato nell’impugnato avviso di accertamento (ove si fa riferimento alla irreperibilità della stessa presso la sede legale, alla mancanza di depositi o altro per l’esercizio della attività). Ma accanto a questo nell’atto in esame risultano indicati gli ulteriori elementi, quali la collocazione dei prezzi di fornitura su percentuali di riduzione rispetto ai prezzi di mercato superiori al 10%.Analoghe considerazioni sono portate nell’atto impugnato con riferimento all’operato della Market srl, e della Super Toner, che sono risultate assolutamente prive di ogni supporto operativo, di logistica e dipendenti. Il dato oggettivo che ascrive in capo alla attuale contribuente la responsabilità per la consapevole partecipazione è indicata nella dato che unico cliente della Super Toner, che aveva a sua volta come unico fornitore la Market srl, era la Madeson.A fronte di ciò sussistono le condizioni per la applicazione dei richiamati principi in tema di onere della prova, non assolto dalla società Madeson, con conseguente rigetto dell’appello nel merito dell’accertamentoPer quanto riguarda il motivo di appello relativo alla entità della sanzione, aumentata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 15 del decreto legislativo n. 158 del 2015, i cui commi 4 e 4 bis portano la sanzione tra il 135 ed il 270, va osservato che anche se il parametro di riferimento è stato quello introdotto nel 2015, l’entità della sanzione, previa applicazione del cumulo per le due violazioni accertate, si è sostanziata in un valore in linea con la normativa vigente al momento dei fatti, con assenza di violazione sostanziale dei diritti del contribuente.Per quanto attiene al regime delle spese va osservato che la necessità di una maggiore articolazione delle ragioni a sostegno del rigetto dell’originaria domanda, integra la condizione a supporto della compensazione delle spese del grado fra le parti.P.Q.M.Rigetta l’appello; spese compensate.Manda alla Segreteria per comunicare il provvedimento alle parti.Napoli 13 novembre 2018 – 16 novembre 2018

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