Cassazione civile, sez. 2, 04.04.2018, n. 8238

L’avviso di accertamento emesso sulla base di uno scarto abnorme tra il dichiarato e quanto desunto dagli studi di settore non rappresenta di per sé un elemento presuntivo dotato di gravità, precisione e concordanza, così come richiesto dall’articolo 39 del Dpr 600/1973.L’art. 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici purché queste siano gravi, precise e concordanti, e ciò anche nelle ipotesi, come nel caso di specie, in cui la contabilità risulti regolarmente tenuta.Si parte dal dato dell’esiguità dei ricavi dichiarati, laddove, considerato l’abnormità dello scarto rispetto al valore accertato – pari a dieci volte il reddito dichiarato – avrebbe dovuto, motivando adeguatamente, pervenirsi a quel valore individuando le componenti dell’asseritamente infedele dichiarazione. Quanto detto porta a ritenere non corrispondenti alla detta prescrizione gli elementi presuntivi come offerti

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