Cassazione civile, sez. 5, 28.12.2017, n. 31059

Gli interessi passivi e le commissioni di massimo scoperto pagati dal contribuente alle banche in relazione agli affidamenti scaturenti dalle fatture fittizie sono indeducibili dall’imponibile Ires, in quanto ritenuti costi e spese riconducibili a fatti qualificabili come reato. L’art. 14, comma 4-bis della L. n. 537 del 1993 prima delle recenti modifiche disponeva che «Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzioni i costi e le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato [ … ]».Alla luce della nuova formulazione, in forza del regime transitorio dettato dall’art. 8, comma 3, del d.l. n. 16 del 2012, secondo la Corte “se è vero, da un lato, che i costi per gli interessi e le commissioni sul credito illecitamente ottenuto sono intervenuti a fattispecie delittuosa già compiutamente realizzata tramite la presentazione delle false fatture, è anche vero, dall’altro, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quell’economico, che la presentazione delle false fatture non avrebbe sortito l’effetto avuto di mira dall’agente se ad essa non si fosse associata l’assunzione, da parte del correntista, dell’obbligo di pagare gli interessi e le commissioni per l’utilizzo del credito; tale inscindibile legame, esistente fra il titolo in base al quale il costo è stato sostenuto e la condotta illecita, integra pur sempre la condizione richiesta dalla norma ai fini della indeducibilità”.

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