La cessione di quote che nasconde una cessione di immobile può avere rilevanza penale
La cessione di immobili mascherata da una cessione di quote con un’evasione di imposta superiore alla soglia penalmente rilevante configura il delitto di dichiarazione infedele.
A fornire questa interpretazione (particolarmente rigida) è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 38016 depositata il 31 luglio 2017.
Motivazioni
Con l’entrata in vigore della nuova disciplina dell’abuso del diritto, non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele in presenza di condotte puramente elusive, tuttavia, fa presente la Corte, la norma ha un’applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa.
Nel caso di specie dagli atti in causa si evince che le effettive intenzioni degli acquirenti, esternate già nei preliminari sottoscritti, erano di acquistare gli immobili e non le quote di una società del gruppo.
I giudici di legittimità in proposito hanno osservato che in applicazione della nuova norma sull’abuso, i fatti contestati sarebbero irrilevanti ai fini penali, ma in realtà l’imputato aveva adottato comportamenti simulatori preordinati a evitare la tassazione delle somme risultanti dalla cessione.
Secondo la Cassazione si è dunque trattato di una “falsità ideologica” che ha interessato il contenuto della dichiarazione, inficiandone la veridicità per avere come obiettivo principale l’occultamento totale o parziale della base imponibile. Da qui la rilevanza penale della violazione contestata all’amministratore della società nonostante di fatto, si trattasse di un comportamento considerato “abusivo”.