Non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele, in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali
Cassazione penale sez. III, 21/04/2017, n. 38016
In tema di violazioni finanziarie, l’istituto dell’abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000 n. 212, per effetto della modifica introdotta dal decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 128, esclude la rilevanza penale delle condotte a esso riconducibili e ha ormai applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi.
Ne consegue, pertanto, che non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele, in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali, in quanto l’articolo 10-bis citato, esclude che operazioni esistenti e volute, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti (nella specie, la Corte, pur annullando senza rinvio per intervenuta prescrizione la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, ha ritenuto motivatamente esclusa la configurabilità dell’abuso del diritto, avendo il giudice spiegato come si fosse in presenza di comportamenti “simulatori” preordinati alla immutatio veri del contenuto della dichiarazione dei redditi, per la comprovata esistenza di una falsità ideologica interessante il contenuto della dichiarazione e avente come obiettivo principale l’occultamento totale o parziale della base imponibile).
Fonti Normative
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